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Lettera ai giovani di Lanzo

Collegio Salesiano di Lanzo Torinese

Il direttore del Collegio Salesiano di Lanzo Torinese, Don G.B. Lemoyne, il 4 marzo 1867, dava conto ai suoi ragazzi di una visita fatta a Don Bosco in Torino.

Diceva tra l’altro: «Don Bosco mi disse pure che più di una volta, col suo spirito, era venuto a visitarvi, a passeggiare per i vostri corridoi, ad aggirarsi per le vostre camerate, a osservare la vostra condotta, e che venendo saprà dirvi qualcosa in proposito».

In questa lettera autografa il Santo stesso parla di una di queste sue visite fatte al Collegio di Lanzo, restando a Torino.

Carissimi e amatissimi figliuoli, desidero, o cari figli in Gesù Cristo, desidero venire a fare il carnevale con voi. Cosa insolita perché in questi giorni non sono solito allontanarmi dalla casa torinese. Ma l’affezione che tante volte mi avete manifestata, le lettere scrittemi concorsero a tale risoluzione. Tuttavia un motivo che di gran lunga più mi spinge, si è una visita fattavi pochi giorni or sono.

Ascoltate che terribile e doloroso racconto. All’insaputa vostra e dei vostri Superiori, vi feci una visita. Giunto alla piazzetta davanti alla chiesa, vidi un mostro veramente orribile. Gli occhi grossi e scintillanti, il naso grosso e corto, la bocca larga, mento acuto, orecchi come un cane, con due corna a guisa di caprone che gli sormontavano il capo. Esso rideva e scherzava con alcuni suoi compagni saltellando qua e là.

Mi guardò con un riso beffardo e, accennandomi di seguirlo, mi condusse in sacrestia e mi fece vedere il Direttore che confessava.

Poi mi condusse in un dormitorio e mi fece osservare uno dicendo:

Mi condusse poi in altri siti della casa e mi fece vedere cose che parevano incredibili, e che non voglio scrivere, ma racconterò a voce. Allora mi ricondusse dentro il cortile, poi con i suoi compagni davanti alla chiesa e gli domandai:

Allora si conturbò; prese l’aspetto di un cane, di un gatto, di un orso, di un lupo. Aveva ora tre corna, ora cinque, ora dieci; tre teste, cinque, sette. E questo quasi nel tempo stesso. Io tremavo, l’altro voleva fuggire; io volevo farlo parlare, perciò gli dissi:

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