Il sistema preventivo: capolavoro educativo di Don Bosco

Il sistema preventivo: capolavoro educativo di Don Bosco

In mezzo a grandi difficoltà don Bosco elabora il suo personale modo di relazionarsi con i giovani fatto di ragione, religione ed amorevolezza.

L’impegno educativo profuso da don Bosco nell’educare i giovani fu costante e profondo, ma non trionfale come lo descrive una certa facile agiografia superficiale ed acritica. Non tutti i ragazzi erano disposti a seguire docilmente il giovane prete, soprattutto quando si trattava di educazione religiosa e di pratica dei sacramenti. Alcuni si ribellavano anche in modo aperto.

Quando cessavano i giochi per dare spazio alle attività formative si dileguavano o, addirittura, disturbavano le preghiere con lanci di sassi e canzonacce cantate a pieni polmoni. Con il passare del tempo i giovani cominciarono a conoscere le “astuzie” che don Bosco «usava per intrappolarli al momento dell’istruzione religiosa e delle pratiche devote; tra loro c’era chi non gradiva e sapeva mettere in campo la propria furbizia per sgattaiolare e poi ritornare quando si riattivavano i giochi», scrive don Pietro Stella. Questo non minimizza assolutamente la grande capacità di Giovanni Bosco ad interfacciarsi, con il dialogo costante, con qualsiasi situazione che la vita del nascente oratorio gli poneva. Non mancarono le misure estreme e non gradite, cioè il castigo a fine educativo e persino l’allontanamento dall’assembramento oratoriano.

L’ambiente Oratoriano specchio delle contraddizioni della società del tempo

C’erano ragazzi che venivano a Valdocco armati di coltello. Abbondavano i ladruncoli, i giocatori d’azzardo, gli spioni, i disturbatori a prescindere.

Alcuni, già a quei tempi, avevano una certa propensione alla pedofilia. Nell’Archivio Centrale Salesiano si conservano registri che documentano aspetti interessanti della vita collegiale. Non mancano note sulle cause di dimissione di alcuni convittori. In prevalenza si tratta di “furto”, “moralità” o di un asciutto “tornò ai parenti”. Tra gli allontanati risalta un nipote di Urbano Rattazzi dotato di eccessiva vivacità e di scarso rispetto nei riguardi dei compagni. È registrato nella storia oratoriana per aver qualificato Domenico Savio con un poco caritatevole epiteto di “tisicone”.

In questo difficile contesto, lentamente in don Bosco matura dei comportamenti che daranno vita al suo Sistema Preventivo che don Stella sintetizza in quattro punti.

  1. Farsi amare per farsi temere. La sottrazione di benevolenza è già un castigo.
  2. Uno sguardo non amorevole, spesso, produce maggior effetto che non farebbe uno schiaffo.
  3. Eccettuati rarissimi casi, le correzioni, i castighi non si diano mai in pubblico, ma privatamente, lungi dai compagni.
  4. Il percuotere in qualunque modo, il mettere in ginocchio in posizione dolorosa, il tirar le orecchie ed altri castighi simili si devono assolutamente evitare, perché sono proibiti dalle leggi civili, irritano grandemente i giovani ed avviliscono l’educatore.

Tutti questi principi non sempre trovavano una facile osservanza soprattutto da parte di chi era quotidianamente a stretto contatto con i giovani. Il reale quotidiano rischiava di compromettere l’ideale prospettato dal Sistema Preventivo. Don Bosco dovette lottare per salvare il suo modello educativo. Resistette a tante pressioni, da parte dei suoi collaboratori, ad attivare le “camere di riflessione” allora piuttosto in auge. Non si stancò mai ad invitare a una presenza più assidua, ad una maggiore dedizione, a una più autentica sintonia di affetti tra gli educatori e gli educandi.

Per tutta la vita egli tentò di opporsi in ogni modo contro gli infiniti tentativi di “collegializzare” l’esperienza di vita oratoriana. Instancabilmente difese i propri ideali educativi che, con l’andare del tempo, fissò nelle Memorie dell’Oratorio, nella lettera-sogno da Roma del maggio 1884 e nelle molte lettere confidenziali ai suoi figli spirituali. Sono questi gli scritti che dobbiamo riprendere in mano, per studiarli e meditarli, se vogliamo riscoprire in tutto il suo splendore il sistema che, anche dopo 150 anni, continua ad essere il perno del nostro essere salesiani nell’attuale società post moderna.

Ermete Tessore

(Tratto dalla Rivista Maria Ausiliatrice, Maggio – Giugno 2013)

  • Rosanna 22 Marzo 2019 alle 16:04

    Amo San Giovanni Bosco e lo ammiro tantissimo. Bellissimo articolo. Rosanna



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