La notte del 10 maggio 1861 Don Bosco ebbe un sogno straordinario, sia per la lunghezza (durò circa 6 ore), sia per la varietà delle scene ammirate, delle quali molte riguardavano i singoli suoi ragazzi, mentre altre interessavano la sua nascente Congregazione, da lui contemplata nel suo avvenire con precisione profetica.

Nel raccontarlo Don Bosco impiegò tre «buone notti», nelle quali il discorsino di pochi minuti che soleva rivolgere ai suoi figliuoli dopo le preghiere della sera, per la circostanza, superò la mezz’ora. Anche in questo sogno è presente una Guida, decisa però a non rivelare il suo nome. Essa reca una macchina fornita di una grossa ruota con manovella, che manovra una grande lente di un metro e mezzo circa, nella quale Don Bosco vede la coscienza dei suoi giovani e l’avvenire della sua Congregazione.

Delle prime due parti ci limitiamo a dare un riassunto e a rilevare che in esse appare evidente il dono dell’introspezione delle coscienze. Infatti, al comando della Guida, Don Bosco dà vari giri alla manovella e, dopo ogni giro, guardando nella lente misteriosa, vede i suoi ragazzi in pose e aspetti diversi: ora i buoni divisi dai cattivi, ora su questi segnato il vizio da cui sono macchiati; vede pure coloro che si fermeranno con lui, intenti al lavoro che sarebbe loro toccato; vede anche quelli che, dopo un momentaneo entusiasmo, lo avrebbero abbandonato. Al suo sguardo appare chiaramente presente lo stato di coscienza e la vocazione dei singoli.

Quanto aveva visto in questa prima parte del sogno lo comunicò ai suoi ragazzi, che nei giorni seguenti lo assediarono per sapere come li aveva visti nel sogno. E l’effetto morale sulla condotta dei ragazzi fu tale, a detta del biografo, quale appena si sarebbe potuto sperare da una missione delle più fruttuose.

Tra i consigli che la Guida diede a Don Bosco ci fu questo:

«Quando si dicono due parole dal pulpito, una sia sul far bene le confessioni».

Viene quindi la parte profetica del sogno, la più interessante; ma per Don Bosco non fu una novità assoluta, perché già nel 1856 aveva avuto un sogno breve ma significativo. Aveva sognato di trovarsi in una piazza dove c’era un ordigno somigliante a una specie di ruota della fortuna. La solita Guida gli aveva detto che rappresentava il suo Oratorio e gli aveva comandato di girare il manubrio. Al primo giro ne era uscito un rumore appena percettibile.

  • Che cosa significa ciò? – chiese il Santo.
  • Ogni giro – rispose la Guida – assomma dieci anni del tuo Oratorio. Gira ancora quattro volte.

A ogni giro il rumore cresceva. Don Bosco ebbe l’impressione che il secondo si udisse in Torino e in tutto il Piemonte, il terzo in Italia, il quarto in Europa, il quinto nel mondo intero.

Era stata una cosa rapida, un semplice accenno all’avvenire della nascente Congregazione. In questo secondo sogno invece non più un rumore confuso, ma chiarezza di circostanze e di persone. La lente prodigiosa, che la Guida gli aveva presentato, con un giro della ruota che le stava accanto, gli rendeva magicamente presente l’avvenire della sua Opera.

Una prima volta la Guida gli ordina:

  • Fa’ fare dieci giri alla ruota; ricordati di contarli esattamente e poi guarda.
    Don Bosco gira dieci volte il manubrio, poi accosta con una certa trepidazione l’occhio alla lente. Meraviglia! Vede ancora quasi tutti i suoi ragazzi, ma cresciuti in età: hanno già i baffi; qualcuno si è fatto crescere la barba.
  • Ma come mai? – chiede stupito -. Ma se quello ieri era un bambino, come ha fatto a crescere così all’improvviso?
  • Quanti giri hai dato? – domanda la Guida.
  • Dieci.
  • Ebbene, conta dieci anni. Siamo nel 1871: hanno dieci anni di più.

E non solo i ragazzi erano cresciuti; Don Bosco vide pure le sue case moltiplicate e abitate da giovani sconosciuti, sotto la guida di quei suoi figliuoli fatti adulti.

  • Da’ altri dieci giri – disse la Guida – e balzeremo all’81.

Don Bosco fece fare i dieci giri prescritti, poi guardò. I suoi ragazzi erano ridotti a metà: alcuni con i capelli brizzolati, altri leggermente curvi. Il dispiacere che provò fu largamente compensato dalla consolazione che gli procurò la visione di paesi nuovi e regioni sconosciute e di tanti altri ragazzi guidati da maestri ignoti, ma alle dipendenze dei suoi attuali aiutanti dell’Oratorio giunti all’età matura.

Con ansia crescente diede altri dieci giri. I suoi giovani attuali, ridotti di un quarto, gli si presentavano avanti negli anni, con capelli e barba imbiancati. Si era nel 1891. Le case e i suoi figliuoli apparivano aumentati di numero. Tra i ragazzi ce n’erano di quelli di pelle e di colore diversi dai nostri.

Ancora dieci giri ed ecco il 1901 con nuovi motivi di dolore e di gioia. I primi ragazzi dell’Oratorio erano ridotti a pochi, invecchiati e magri, prossimi ormai al premio. In molte case il personale era tutto nuovo e i ragazzi erano aumentati smisuratamente. Don Bosco contemplava muto e incantato, quand’ecco la Guida gli fece premura:

  • Da’ altri dieci giri e vedrai cose che ti consolano e ti angustiano.

Dieci rapidi giri e Don Bosco si trovò al 1911. Al suo sguardo apparvero «case nuove, giovani nuovi, direttori e maestri con abiti e costumi nuovi». Cercò in quella moltitudine se vi fosse qualcuno dei primi tempi e ne riconobbe uno solo, canuto e cadente, il quale, circondato da una bella corona di ragazzi, raccontava i principi dell’Oratorio e loro ripeteva le cose imparate da Don Bosco e ne mostrava il ritratto appeso alle pareti del parlatorio. (Qui Don Bosco accenna certamente a Don Francesia, che fino alla tarda età di 90 anni parlò continuamente di lui, ne scrisse in tutti i suoi libri, lo cantò in versi numerosissimi e infiorava di reminiscenze dell’amato Padre ogni sua predica e le sue piacevolissime conversazioni. Chi scrive ha avuto la gioia di ascoltarlo per alcuni anni).

Il lungo sogno volgeva ormai al termine e la Guida disse a Don Bosco di volerlo confortare con un’ultima visione.

  • Volentieri – rispose Don Bosco.
  • Dunque sta’ attento, gira la ruota in senso contrario, tanti giri quanti ne hai dati in precedenza.

La ruota girò per 50 giri, cinquant’anni più avanti. Don Bosco guardò. Ai suoi occhi increduli apparve una moltitudine numerosa di giovani, tutti nuovi e sconosciuti, dall’infinita varietà di costumi, paesi, fattezze e linguaggi, ma per quanto si sforzasse, non riuscì a vederne che una minima parte con i loro assistenti e maestri.

  • Ma io non ne conosco affatto nessuno – disse rivolto alla Guida.
  • Eppure sono tuoi figli. Ascoltali. Parlano dite e dei tuoi antichi figli e superiori, che da tempo non sono più in vita, e ricordano gli insegnamenti ricevuti da te e da loro.

Don Bosco contemplava, in preda a vivo stupore, il panorama del 1961: le sue case oltre il migliaio, i suoi figli a decine di migliaia, i suoi ragazzi a centinaia di migliaia. Un panorama vario e meraviglioso, perché ogni popolo della terra vi aveva recato le sue caratteristiche.

Una prova della natura profetica del sogno si ebbe anche nel l’avveramento delle profezie fatte sui singoli.

Così il chierico Molina, in questo sogno, fu visto da Don Bosco gettar via il cappello, saltare il fosso e poi fuggire. Il chierico ne chiese la spiegazione.

  • Tu – rispose Don Bosco – farai non cinque, ma sei anni di teologia e poi deporrai l’abito ecclesiastico.

A Molina la risposta parve strana e ben lontana dalla verità; ma la profezia si avverò alla lettera: dopo sei anni di teologia il chierico approfittò di una visita in famiglia e non tornò più.

Il chierico Vaschetti fu visto nel sogno uscire dal campo e saltare il fosso. Quando Don Bosco glielo comunicò, rispose quasi indispettito:

  • Lei ha davvero sognato!

Infatti allora era ben lontano dal voler lasciare Don Bosco; ma qualche tempo dopo saltò realmente il fosso. Fu però un ottimo parroco in diocesi.

Il chierico Giuseppe Fagnano, da pochi mesi venuto dal Seminario di Asti, non conoscendo Don Bosco, pensò che si trattasse di fantasticherie; ma spinto dai compagni, domandò a Don Bosco che cosa avesse visto di lui in quella lente.

  • Ti ho visto che lavoravi in mezzo a uomini nudi, ma così lontano che appena potevo riconoscerti.

Fu profeta: Mons. Fagnano fu il più grande missionario della Terra del Fuoco.

Terminato il racconto, Don Bosco parlò così: «Adesso che vi ho raccontato queste cose, penserete: “Chi sa! Don Bosco è un uomo straordinario, un santo sicuramente!”. Miei cari giovani, per impedire stolti giudizi intorno a me, stimo bene di dirvi che il Signore ha molti mezzi per manifestare la sua volontà. Alcune volte si serve degli strumenti più inetti e indegni, come si servì del l’asina di Balaam facendola parlare; e di Balaam, falso profeta, per predire molte cose riguardanti il Messia. Perciò lo stesso può accadere a me».

(disegno di Severino Baraldi)