Vita di S. Giovanni Bosco (3ª parte)

Vita di S. Giovanni Bosco (3ª parte)

Cospiratore?

Nel 1860 Don Bosco dovette sopportare una prova amara: era il periodo in cui si stava formando l’unità d’Italia e la chiesa era considerata con sospetto quale oppositrice al disegno unitario. Anche il nostro santo fu sospettato di manovrare con i Gesuiti e con la corte pontificia per avversare l’unità e fu oggetto di una perquisizione durante la quale la polizia credette che dei documenti compromettenti fossero nascosti in un armadietto chiuso a chiave, ma si trattava soltanto di conti da pagare.

Intanto si era fatto tardi e Don Bosco doveva andare a confessare i suoi ragazzi e si rivolse ai poliziotti invitando anche loro a confessarsi. Poiché essi replicarono che temevano che lo risapessero i giornali, Don Bosco concluse dicendo che i giornali non li avrebbero liberati dalla dannazione e alcuni dei poliziotti accolsero il suo invito e divennero suoi abituali penitenti.

La pecorella smarrita

A notte fonda in una via solitaria Don Bosco fu assalito da un giovanotto che gli ingiunse di dargli i soldi, pena la vita. Il santo non si sgomentò e rivolto al giovane gli disse “Proprio tu Antonio fai questa brutta vita? Così mantieni le promesse fatte?”. Era infatti un giovane che Don Bosco aveva conosciuto nel carcere di Torino e che aveva catechizzato cercando di convincerlo a non rubare più.

Il giovane era ritornato a casa deciso a mutare vita ma il padre lo aveva cacciato per la vergogna, dimostrando di non possedere le qualità per essere un buon padre, perché i veri genitori sanno perdonare e aiutare i loro figli soprattutto quando sbagliano. La parabola evangelica della pecorella smarrita dovrebbe essere sempre presente nella mente e nell’affetto dei padri e delle madri perché, se Dio perdona, a maggior ragione deve farlo chi come ogni mortale ha a sua volta qualcosa da farsi perdonare.

A cassetta

Un giorno Don Bosco stava viaggiando in diligenza verso Torino e si era seduto a cassetta accanto al conducente. Il tempo era sereno, la strada buona e i cavalli bravi, ma c’è sempre qualche inconveniente nella guida e il vetturino di quando in quando scoppiava in imprecazioni bestemmiando Dio.

Don Bosco allora gli chiese se non volesse fargli un favore e al vetturino che pensava che volesse arrivare in fretta a Torino, il santo replicò “No, vorrei che smetteste di bestemmiare; ecco qui venti soldi che vi darò quando saremo arrivati ma badate bene, ad ogni bestemmia che ancora vi scappasse ne toglierò quattro”.

Il vetturino rispose che quei soldi sarebbero stati sicuramente suoi ma poco dopo per ben due volte si lasciò sfuggire altre bestemmie e a Don Bosco che gli faceva notare che erano otto soldi di meno il vetturino replicò “Maledetto vizio che mi ha fatto perdere otto soldi”. “Pensate, soggiunse Don Bosco, che potete perdere l’anima”. Giunti a Torino il santo gli lasciò comunque tutti e venti i soldi e lo invitò ad andarlo a trovare; di fatti qualche tempo dopo il vetturino si presentò al confessionale di Don Bosco e, partendo con l’animo sgombro da peccati, si disse “adesso capisco perché Don Bosco viaggia sempre a cassetta”

Generosità e fortezza

Nelle valli intorno a Pinerolo viveva e vive tuttora una comunità di cristiani riformati. Valdesi che dopo aver subito per molti secoli i rigori delle leggi civili ed ecclesiastiche, ottennero finalmente per concessione del re Carlo Alberto la libertà di culto. Essi ne approfittarono per fare proselitismo fra i cattolici e Don Bosco, resosi conto del pericolo, corse ai ripari pubblicando un Avviso ai cattolici e poi facendo uscire una rivista mensile intitolata Letture cattoliche rivolta alle famiglie e che, con il mutato nome di Meridiano 12 ha continuato per lungo tempo a fornire l’insegnamento della verità cattolica.

I protestanti allora cercarono di corrompere il santo offrendogli 4000 lire perché cessasse la sua propaganda ma egli rispose che non sarebbe venuto meno al suo dovere neppure se fosse stato minacciato con le armi.

Il Grigio

Una notte che percorreva una strada campestre Don Bosco fu assalito da dei briganti che spararono contro di lui due colpi di pistola, fortunatamente andati a vuoto. Allora gli si fecero addosso ma all’improvviso sbucò dal bosco un grosso cane grigio che si avventò latrando contro uno degli assalitori riducendolo a mal partito.

Soltanto quando il santo, pregato dai malfattori, ebbe placato l’animale, quelli poterono allontanarsi e il cane si mise al fianco di Don Bosco accompagnandolo in città fino all’Opera del Cottolengo. Non era la prima volta che il cane Grigio proteggeva con la sua presenza il santo, scortandolo soprattutto di notte, tanto che i suoi ragazzi lo avevano chiamato il cane di Don Bosco.

La potestà delle tenebre

Non sempre le notti di Don Bosco potevano essere dedicate al riposo perché talvolta egli era assalito durante il sonno da visioni diaboliche sotto forma di mostri o di animali feroci che si aggiravano intorno al suo letto. Egli, raccontando di queste apparizioni, riferiva che lasciava fare un poco e poi invocava il nome di Gesù e quelle sparivano come per incanto. A chi gli chiedeva se non avesse paura rispondeva che aveva ribrezzo ma non paura perché, se non temeva gli angeli essendo amico di Dio, tanto meno poteva temere i demoni.

Egli prosegue imperterrito nella sua missione apostolica, scrivendo opuscoli e sostenendo discussioni, convertendo molte anime alla chiesa. Uno dei suoi scritti apparsi sulle Letture cattoliche si intitolava appunto “La potestà delle tenebre” che secondo la promessa di Gesù non potrà prevalere.

I tre martiri e la Vergine

In sogno apparvero a Don Bosco, mentre gli sembrava di attraversare i campi di Valdocco, tre giovani vestiti da antichi guerrieri che lo invitarono ad andare con loro. Egli si unì ad essi e dopo poco apparve una divina Signora, accompagnata da un’assemblea di nobili vegliardi, che si rivolge a Don Bosco dicendogli che in quel luogo, dove i tre martiri torinesi Solutore, Avventore e Ottavio avevano subito il supplizio, ella voleva che fosse edificata una chiesa che fosse la sua casa, mostrandogli il modello.

Il santo si svegliò e comprese che la Vergine, inviandogli l’apparizione dei tre martiri, voleva fargli comprendere che egli doveva lottare per compiere la sua missione.

La Madonna si è fatta la casa

Don Bosco è deciso a costruire la chiesa che la Madonna gli aveva mostrato in sogno e incarica un architetto di elaborare un grandioso progetto ma, una volta che questo è pronto, il professionista si mostra scettico sulle possibilità di portare a termine una chiesa così grandiosa. Ma Don Bosco è sicuro che la Vergine provvederà, inizia i lavori e, quando dopo la prima quindicina si debbono pagare gli operai, una pia signora guarita per intercessione di Maria Ausiliatrice offre il danaro necessario.

Le offerte si moltiplicano ma quando si giunse al punto di voltare la cupola anche il santo ha qualche esitazione, ma il banchiere Cotta che aveva ottenuto la guarigione da un male incurabile si accolla le forti spese occorrenti. Il 9 giugno 1868 la chiesa di Maria Ausiliatrice fu solennemente consacrata dall’arcivescovo di Torino.

L’aiuto dei cristiani

Una volta costruito il tempio Don Bosco volle erigere un altare degno della Vergine ed elaborò un ambizioso programma iconografico per il quadro che doveva rappresentare la Madonna con tutta la sua corte di angeli, apostoli, martiri, vergini e confessori. Oltre alla corte celeste l’immagine doveva raffigurare anche le vittorie terrene di Maria in mezzo a tutti i popoli del mondo.

Don Bosco espone il suo programma al pittore Tommaso Lorenzone che avanza delle obiezioni perché il quadro risulterebbe eccessivamente affollato e allora il santo decide di ridurre la corte celeste agli angeli e agli apostoli e la parte terrena alle opere sorte a Torino.

Moltiplicazione del pane

Nell’oratorio di Don Bosco era ospite anche un ragazzo di famiglia benestante che trovava troppo povero il cibo che veniva distribuito per cui ne scrisse alla mamma che decise di riportarlo a casa. La mattina in cui ella doveva arrivare il giovane sentì che il garzone incaricato di portare il pane da distribuire ai ragazzi diceva a Don Bosco che il panettiere non voleva fare la consegna se prima non fosse stato saldato il suo conto.

Allora Don Bosco si fece portare i pani che c’erano in casa e che il giovane ricco per curiosità contò: erano circa una ventina ma quando i quattrocento ragazzi dell’oratorio sfilarono davanti al santo che faceva la distribuzione, ciascuno di essi ebbe il suo pane e nel cesto rimase la quantità iniziale.

Alla madre che nel frattempo era arrivata il giovane disse che l’aveva fatta venire inutilmente perché non voleva più andarsene da un luogo dove avvenivano cose meravigliose.

La confessione di un morto

Don Bosco soleva dire ai suoi giovani che dovevano vivere come se la morte li dovesse cogliere sul momento. Un ragazzo di nome Carlo era molto devoto e, frequentando l’oratorio, si confessava spesso da Don Bosco ma, ammalatosi gravemente, non aveva potuto ricevere la benedizione del santo che si trovava fuori Torino.

Appena tornato Don Bosco si recò a casa del ragazzo ma trovò che era già morto; allora entrò nella camera dove si trovava il cadavere e lo chiamò più volte: quello sembrò svegliarsi e si rivolse al santo ringraziandolo per la sua venuta perché si era visto sull’orlo di una spaventosa fornace dove i diavoli volevano attirarlo, ma una divina Signora li aveva fermati dicendo che egli non era ancora giudicato.

Il ragazzo si confessò a Don Bosco e quando questi gli chiese se volesse restare sulla terra o andare in cielo rispose che era meglio andare in cielo e morì definitivamente.

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