Così Don Bosco anche faceziando aveva di mira di imprimer bene bene nella mente de’ suoi giovani, quale sventura sia l’essere in disgrazia di Dio, che rende l’anima, pur in corpo fornito di belle doti esterne, brutta, deforme.

“Intanto, scrisse D. Ruffino, e ci raccontò in poche parole il seguente sogno: – Mi pareva di trovarmi, disse, a Castelnuovo in mezzo ai prati con alcuni giovani e stavamo là aspettando alcuna cosa da offrire per la festa onomastica di Pio IX; quand’ecco noi vedemmo in aria venire dalla parte di Buttigliera un gran pino. La sua grossezza eguagliava quella di due isole di Torino insieme unite ed era di un’altezza straordinaria.

Egli veniva orizzontalmente verso di noi; poi si rizzò, verticalmente, oscillò, e parve che fosse per piombarci addosso. Spaventati noi volemmo fuggire e facevamo gran segni di croce, allorchè un vento soppraggiunto impetuosamente lo sciolse in un temporale, con lampi, tuoni, fulmini e grandine.

Poco dopo ecco un altro pino di grossezza minore del primo avanzarsi dalla parte stessa. Egli venne fin sopra noi; poi sempre orizzontalmente si vedea discendere. Noi fuggimmo per tema di essere schiacciati e facevamo segni di croce. Il pino discese fin presso terra, ma se ne stava ancora sospeso in aria; solo i rami incominciavano a toccare il suolo. Mentre eravamo così ad osservarlo ecco un venticello che lo discioglie in pioggia. Noi non sapevamo il significato di quel fenomeno e stavamo domandandoci a vicenda: – Che cosa vorrà dire?

(1861, MB VI, 953-954)