Anzi di quando in quando, come un caro ricordo, Carlo Alberto si affacciava alla mente di Don Bosco che molti anni dopo, in poche parole ci esponeva, ed eravamo due soli, una graziosa fantasia che eragli durata tutta la notte.

“Mi parve di essere nel dintorni di Torino, e passeggiare in mezzo ad un viale. Ed ecco venirmi incontro il Re Carlo Alberto, il quale sorridente si fermò a salutarmi.

  • Oh Maestà! – esclamai.
  • E come state, Don Bosco?
  • lo sto bene e son troppo contento d’averla incontrata
  • Se è così, volete accompagnarmi in questa passeggiata?
  • Volentieri!
  • Dunque andiamo! – Ci siamo messi in cammino verso la città. Il Re non indossava nessuna insegna della sua dignità vestiva panni bianchi, ma non candidi.
  • Che cosa dite di me? – ripigliò il Sovrano.
  • “Risposi: So che Vostra Maestà è un buon cattolico.
  • Per voi sono qualche cosa di più ancora: io ho sempre amata l’opera vostra, sapete. Ho sempre avuto gran desiderio di vederla prosperare. Avrei voluto aiutarla molto e molto, ma gli avvenimenti me lo impedirono.
  • Se è così, Maestà, io Le farei una preghiera.
  • Parlate.
  • La pregherei ad essere priore della festa di S. Luigi che facciamo nell’Oratorio in quest’anno.
  • Volentieri, ma intendete anche voi che la cosa farebbe troppo rumore: sarebbe un fatto inaudito, quindi non pare che sia conveniente tanta confusione di festa. A tutti i modi vedremo come possiate essere contento, anche senza la mia presenza.

“Continuando a parlare di varie altre cose siamo giunti ambedue vicino al Santuario della Consolata. Quivi era come un’entrata sotterranea, quasi alle falde di un’alta collina, e il cunicolo, che era strettissimo, invece di discendere saliva. – Bisogna passare di qua, – mi disse il Re; e piegate le ginocchia e abbassata fino a terra la maestosa sua fronte, così prostrato incominciò a salire e disparve.

“Allora, mentre io esaminava quell’entrata e cercava collo sguardo di scrutare quelle tenebre, mi svegliai”

(1849, MB III, 539-540)