Quindi venne a parlare delle confessioni sacrileghe dei giovani, cagionate specialmente dal tacere a bella posta cose che dovrebbero assolutamente palesarsi; e raccontava un fatto accaduto a lui stesso: Una notte sognai e vidi nel sogno un giovane che aveva il cuore rosicchiato dai vermi, che egli colla mano strappava e gettava via. Non diedi retta al sogno.

Ma ecco che la notte seguente vidi il medesimo giovane, il quale aveva accanto un grosso cane che gli mordeva il cuore. Non dubitai più che il Signore avesse qualche grazia speciale per quel giovane e che il poveretto avesse qualche pasticcio sulla coscienza. Perciò lo teneva d’occhio.

Un giorno lo presi alle strette e gli dissi:

  • Vuoi farmi un piacere?
  • Sì, sì; purch’io possa.
  • Se vuoi, puoi farmelo.
  • Ebbene domandi pure che io glielo farò.
  • Ma sicuramente?
  • Sicuramente!
  • Dimmi: non hai mai taciuto niente in confessione?

Egli voleva negare, ma subito gli dissi: – Ma questa è quell’altra cosa perché non la confessi? – Allora mi guardò in faccia e si mise a piangere e rispose: – Ha ragione: sono due anni che voglio confessarla e da una volta all’altra non ho mai osato! – Allora gli feci coraggio e gli dissi quello che doveva fare per mettersi in pace con Dio.