Nel sonno gli passavano davanti visioni luminose che ci narrò nei primi tempi a D. Rua e ad altri.
Ora contemplava una vasta casa con una chiesa, in tutta simile all’attuale dedicata a S. Francesco di Sales, che sul frontone recava la scritta: HAEC EST DOMUS MEA; INDE GLORIA MEA; e dalla porta di questa chiesa entravano ed uscivano giovani, chierici e preti. Ora a questo spettacolo nel medesimo sito ne succedeva un altro e compariva la piccola casa Pinardi, e intorno a lei portici e chiesa, giovanetti ed ecclesiastici in grandissimo numero.
– Ma questo non è possibile, ripeteva fra sè D. Bosco; quella è tutt’altro che un’abitazione adatta per noi. Quasi direi di essere in preda ad un’illusione diabolica. – E allora aveva udito distintamente una voce che gli diceva: – E non sai che il Signore può colle spoglie degli Egiziani arricchire il suo popolo?
Altre volte sembravagli di essere nella via Cottolengo. A destra aveva casa Pinardi in mezzo all’orto e ai prati; a sinistra, casa Moretta quasi di fronte alla prima coi cortili e campi attigui, che dovevano più tardi essere occupati dalle Figlie di Maria Ausiliatrice. Due colonne si innalzavano sulla porta del futuro Oratorio, sulle quali D. Bosco lesse questa ripetuta iscrizione: HINC INDE GLORIA MEA: Di qua e di là la mia gloria. Era evidentemente il primo accenno alla Congregazione sorella a quella dei Salesiani. E se da una parte egli vedeva questi ultimi, dall’altra non avrà forse viste le suore? Egli tuttavia nulla ne disse allora, essendo molto riservato nel dare tali spiegazioni.
Intanto il primo sogno fatto al Convitto era presso ad avverarsi. Tre dovevano essere le fermate o le stazioni di D. Bosco prima di giungere a stabile dimora. La prima era stata al Rifugio, la seconda ai Molini di Città; casa Moretta ed il prato attiguo sono la terza. Dio sia benedetto!
(1846, MB II, 406-407)
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